Elegante vuol dire "saper scegliere"

 

Sono giorni un po’ faticosi. Una persona a me cara non sta bene e ha bisogno del mio sostegno.

Ho rallentato il lavoro; macino chilometri in auto; trascorro ore nelle sale d’attese; accumulo fogli che sistemo scrupolosamente in una cartellina rosa, di volta in volta sempre più piena.

Non oso buttarli via, nemmeno quelli non più necessari..

Ogni foglio testimonia un pezzetto del percorso, un luogo diverso, volti nuovi che mi parlano, mi spiegano con dolcezza.

In questo periodo mangio più zuccheri del mio solito e mi accompagnano i Culture Club: non ha molto senso eppure la voce rassicurante di Boy George è diventata un’amica fidata; mi aiuta a scaricare la tensione del giorno.

E medito, tutte le sere.

Le mie giornate sono riempite di umanità; incontro e mi relaziono con tante persone diverse.

È incredibile pensare a quante storie scorrono nelle sale d’attese; sto facendo scorta di nomi che poi dimenticherò, di sguardi attenti, gambe nervose che tamburellano, di tanta tanta gentilezza.

E ripensavo alla parola elegante, alla sua etimologia particolare e per nulla scontata.

Ci sono persone che, nonostante la scelta discutibile di alcune giacche ardite, mantengono un’aura elegante e altre che potrebbero indossare solo abiti di alta sartoria e restare comunque goffe e sgraziate.

Eleganza vuol dire “che sa scegliere”.

Troppe volte riduciamo la parola “elegante” all’apparenza, all’aspetto esteriore, al seguire la moda.

L’eleganza, invece, nasce da 'un’azione precisa: il saper scegliere con autonomia; fare una scelta consapevole e ponderata, dettata dalla propria idea di ciò che è bello.

L’eleganza ha più a che vedere con la semplicità, la grazia e la presa di coscienza e meno con l’ostentazione, l’evidenza e lo sfoggio.

Eleganza è armonia, è una qualità interiore prima di riflettersi sull’esterno. Quando sai cosa è bello per te, puoi essere elegante.

Proprio in questi giorni so imparando a portare l’eleganza nella mia vita. Per troppo tempo ho vissuto sulla difensiva, reagendo alle circostanze esterne.

Ora sto imparando a scegliere su cosa concentrarmi e cosa lasciare nel cono d’ombra; sto scegliendo i pensieri, le emozioni e le parole su cui voglio soffermarmi e mi accorgo che a poco a poco la mia realtà si sta rimodellando di conseguenza.

Sono sempre di più i momenti di cui essere grata, i gesti gentili e le persone empatiche: è un circolo virtuoso che si autoalimenta, basta cominciare.

La differenza fra un autore e un autore elegante sta nell’imparare a scegliere e non scrivere in modo istintivo.

C’è un esempio riportato nel bel testo di Annamaria Testa, “Farsi capire”, tanto semplice quanto illuminante.

Metti di voler scrivere la frase:

Tarzan mangia una banana.

Gli elementi sono tre, ma chi l’ha detto che siano l’unica possibilità permessa? Puoi sbizzarrirti fra le diverse scelte espressive:

Il Signore delle Scimmie mangia una banana

Il Signore delle Scimmie assapora una banana

Il Signore delle Scimmie mangia un frutto dei Tropici.

Oppure, puoi scrivere:

Il fusto in perizoma mangia una banana

Il fusto in perizoma trangugia una banana

O ancora:

Tarzanuccio mangia una banana

Tarzanuccio si pappa una bananona

Il soggetto in esame si procura l’alimento necessario allo sviluppo del suo organismo

e via dicendo.

Quante possibilità diverse eppure parliamo sempre e solo di Tarzan.

Prova quindi a immaginare che autore è quello che chiama Tarzan “Signore delle Scimmie”; quanto è diverso da chi lo definisce “Tarzanuccio” o “soggetto in esame”.

Quando rifletti sulle parole da usare, non solo stai scegliendo cosa raccontare di Tarzan, ma anche cosa svelare di te.

Se, ad esempio, scrivi:

“l’eroe preferito della mia infanzia si sbafa il frutto che anch’io amavo mangiare sempre” stai raccontando di te, mentre parli di Tarzan al lettore.

Di scelta in scelta, stai scrivendo qualcosa in un modo, uno solo fra i mille modi possibili; l’ideale a questo punto è imparare a farlo con eleganza, imparare a scegliere le parole precise che vuoi comunicare.

 
Virna Cipriani