Le fiabe iniziatiche non vanno toccate!
In questi giorni mi sono imbattuta in più post che parlano del remake di Biancaneve e, lo confesso, ho provato un po’ di sconforto.
Questo rifacimento cinematografico è la dimostrazione di quello che ho già scritto in un altro articolo: manca una conoscenza spirituale che aiuti ad aumentare la consapevolezza.
In questo periodo c’è un movimento di pensiero che si contrappone a quello conservatore e si è autodefinito quello più “giusto”, portatore di valori umani elevati.
Se, però, è ateo, vede e crede solo in ciò che è materiale, difficilmente può tentare di capire il significato di molti aspetti dell’esistenza, incomprensibili alla sola ragione, e non può perciò farsi portatore dei valori e di scelte cruciali.
Il remake di Biancaneve, come quello delle altre fiabe, ne è un esempio eclatante.
Per spiegarne il motivo, scomodo quello che per me è uno fra gli autori più illuminanti di questa epoca, (non lo nomino mai :)) Igor Sibaldi.
Le fiabe non vanno toccate! Come non andrebbe toccata la letteratura o la musica in nome del politicamente corretto.
Ma aver preteso di cambiare un fiaba come Biancaneve è perfino un paradosso.
Come spiega il filologo Sibaldi, le fiabe non sono un semplice racconto; sono un canale prescelto, perché privo di censura (almeno finora…) attraverso il quale una cultura molto antica, la cultura matriarcale, ha potuto esprimersi per millenni in una cultura patriarcale.
Le fiabe hanno origine nel periodo matriarcale; hanno sempre una protagonista femminile; i deboli, cioè i bambini e gli anziani sono al centro della società; non c’è scrittura, non c’è denaro, non ci sono numeri e neppure un ordine logico.
Esiste un ordine naturale, privo di tempo, l’ordine degli animali, della natura.
Le fiabe sono rivoluzionarie, hanno uno scopo sovversivo, cioè quello di condurci in un’epoca diversa dalla nostra dove esiste un altro modo di pensare, di agire, interpretare il mondo.
Possiamo non capirlo razionalmente, ma proprio come accade con i miti, le fiabe oltrepassano la coscienza e si sedimentano in profondità, lavorano dentro di noi in autonomia.
Quando il bambino si cala nella fiaba, entra in una realtà parallela.
Biancaneve è una storia sacra che parla di un’iniziazione; è perfetta così come è e non va cambiata.
Come succede spesso, le persone che in questo periodo si fanno portatrici dei valori “giusti” vedono una parte delle cose e non tutto, così non ne capiscono il significato fino in fondo.
Sarebbe ora che facessero un passo indietro e trovassero il coraggio di riconoscere i propri limiti, ammettere con umiltà di non sapere tutto e domandarsi se stanno sbagliando qualcosa.
Ammettere: “ho sbagliato” è il primo passo di una crescita importante.
Nelle fiabe lo specchio è un simbolo, ci mostra come noi siamo abituati a vedere sempre e solo dei riflessi della realtà e non la realtà autentica.
La regina matrigna di Biancaneve, come spiega Igor Sibaldi nel suo libro “I confini del mondo”, non è solo una donna crudele, ma una maestra che avvia Biancaneve a un’educazione, a un’iniziazione.
Biancaneve ha compiuto l’età per essere iniziata attraverso una serie di prove; la matrigna la affida a un cacciatore perché la porti in un luogo impervio il bosco, e le faccia celebrare una morte rituale.
I sette nani rappresentano dei sacerdoti, dei conoscitori dell’inconscio, cioè della psiche più profonda, non per nulla lavorano in miniera, scavano per tirare fuori i diamanti.
Eliminarli dal remake vuol dire non aver capito davvero nulla; limitarsi a vedere la superficie delle cose, l’aspetto fisico e non andare oltre.
I nani sono sette come i giorni della creazione, sette è un numero sacro.
Sono nani non perché qualcuno ha voluto bullizzare dei piccoli ometti, ma perché, come racconta Sibaldi, sono piccoli come sono piccole le stelle dal punto in cui le guardiamo noi.
La loro statura è un simbolo di antichità: è minuscola perché lontana.
I nani solo l’ultima traccia visibile di un’epoca precedente, a noi lontana.
Se agli occhi dei contemporanei della matrigna potevano apparire enormi, a noi risultano piccoli, perché sono lontani dalla nostra comprensione, dal nostro livello di consapevolezza.
Lontani nel tempo, non nello spazio.
La bara di cristallo nella quale dorme Biancaneve rappresenta quella bolla in cui siamo immersi costantemente noi, privi di consapevolezza, capaci di vedere solamente un riflesso della realtà.
Di cristallo era anche la scarpetta di Cenerentola, gli specchi sono di cristallo.
Quando un iniziato apre finalmente gli occhi e la mente, realizza di aver vissuto fino ad allora come uno zombi, un cadavere, un dormiente dentro una bara trasparente.
La mela rappresenta il frutto della conoscenza che la matrigna offre a Biancaneve per risvegliarla, perché si accorga che fino ad allora aveva guardato il mondo attraverso una bara di specchi, di riflessi.
Quasi tutti noi siamo prigionieri di questa visione limitata, di riflessi, ripetizioni, conferme e aspettative che conosciamo bene e, se non cominciamo un percorso iniziatico, trascorriamo una vita intera così.
Il principe, l’ultimo sacerdote, risveglia Biancaneve, apre la bara di cristallo e lei ne esce da regina.
Perfino i colori di Biancaneve non sono una casualità, ma rappresentano le fasi alchemiche.
Certe volte la diversità fisica è negli occhi di chi guarda .e si fissa solamente su quella.
Ma davvero la nostra visione si è ristretta così tanto da non vedere più il significato di una fiaba, ma fermarsi all’aspetto fisico dei protagonisti?
Limitarsi a vedere il colore della pelle dimostra davvero quanto siamo diventati ignoranti, quanto siamo arroganti nel pretendere di voler cambiare e correggere delle conoscenze antiche.
Mi auguro davvero che questo periodo folle finisca e che, con molta umiltà, invece di voler cambiare cosa non capiamo e accettiamo, iniziamo a voler capire, conoscere, indagare, studiare, scoprire, partendo da una prima, fondamentale, coraggiosa ammissione e presa di coscienza: “forse sto sbagliando qualcosa”.