L'arca di Noè o l'importanza di un linguaggio nuovo

 

Stamattina mi sono svegliata molto presto e sono uscita di casa prima del solito, per fare un po' di spesa. Due passi fuori dal portone del condominio e m'imbatto in A., il nostro amato portiere, intento a gesticolare energeticamente mentre discute con una siepe. Sembra arrabbiato. Avanzo di qualche passo verso di lui e scopro che in realtà sta discutendo con la signora L. e il signor R..

Tento invano la fuga, ma troppo tardi. Sono già stata avvistata dalla signora L. che mi chiama a voce alta e un po' stridula. Capisco che comincia a essere nervosa e ignorarla potrebbe peggiorare le cose. Con l'aria affranta di chi si è infilato coscientemente nella coda chilometrica alla cassa di Leroy Merlin, per pagare una stupida lampadina che poteva comprare benissimo al supermercato, mi sono diretta verso lo sparuto gruppetto.

Non è necessario aprire bocca. Le persone presenti non vedevano l'ora di dire la loro e poter scaricare la propria rabbia sul primo malcapitato. 

Signor R.:"Io non c'entro! Le pedate sul pianerottolo non sono mie. Pulisco le suole ogni volta che entro ed esco di casa!"

A., il portiere:"Ci sono le impronte di vernice bianca che dall'ascensore portano dirette al suo uscio. Le abbiamo seguite io e la Signora C. E lei è l'unico che sta pitturando casa!"

Signora L.:"Tra l'altro c'è un olezzo insopportabile per tutto il pianerottolo. La signora C. non ne può più. Ho provato a calmierare un po' gli animi, ma l'atmosfera sta cominciando a negativizzarsi, ci sta sfuggendo di mano".

Guardo stupita la signora L.

Lei scambia la mia occhiata per un cenno di approvazione e cerca la mia complicità:"Vero cara?"

Signor R. irremobivile:"No. Non sono io!"

A., il portiere:"Mi venga incontro. Sto cercando di tamponare il problema, ma nulla da fare. La signora C. è con il piede sul sentiero di guerra, decisa a protestare con l'amministratore, se non la smette coi lavori"

Signora L.:" Utilizza prodotti stranieri? Si sente una specie di booster strano...".

Mi sembra una discussione surreale e cerco chiarezza negli altri. Eppure nessuno sembra scomporsi.

A., il portiere:"È vero, sembra una vernice vecchia"

Signor R.:" No. Sto usando una vernice ecosostenibile".

Noto che i tre se la cavano benissimo senza di me e con un sorriso di circostanza, me la svigno piano piano.

Alla cassa del supermercato sono carica di roba, una pila di prodotti inutili sistemati in equilibrio tra le mie braccia, e cerco disperatamente di non far crollare la piramide di confezioni sulla schiena della signora che ho davanti. 

Finalmente lei avanza e io posso rovesciare la montagna di cose sul nastro del banco cassa in maniera disordinata, meritandomi un'occhiataccia della cassiera. Nel compiere quest'azione, si apre una confezione e fuoriesce della farina bianca.

Cassiera:"Stia attenta!" brontola indispettita e tira fuori uno scottex per pulire il nastro. "Ora dovrò tamponare il danno" mi dice, sbuffante.

Io:"Mi scusi tanto. Ecco, l'aiuto a pulire" aiutandomi con la busta dei carciofi.

Cassiera:"Cosa fa? Non vede che fa peggio? Vada avanti che intasa la mia cassa"

Mortificata, sistemo le cose nel carrello e allungo il bancomat veloce, cercando di recuperare i secondi che ho fatto perdere alle persone dietro di me. Nel frattempo, la cassiera ha pulito il nastro e, rasserenata dall'aver ripreso il controllo della sua cassa, alza lo sguardo e mi chiede, con più calma:"Booster?"

Io:"Co-cosa scusi?"

Seccata e con l'aria di chi deve sopportare ogni giorno qualche stolto, domanda di nuovo:"Buste?"

"Ah, mi scusi. Avevo capito un'altra cosa. Avevo capito booster" Rispondo con una risatina isterica. 

"Sì, certo" e solleva gli occhi al cielo.

La tebah, l'arca di Noè e un nuovo linguaggio

Se la lingua rappresenta lo stato di salute di un periodo, il nostro paese in questo momento non se la sta passando affatto bene. Certe volte ho la sensazione che anche la nostra lingua stia navigando a vista, senza reali punti di riferimento.

Prende in prestito qualche parola dal linguaggio burocratico, alcuni vocaboli inglesi, un po' di medicina. Sui social gli errori grammaticali aumentano a dismisura. E per errori non intendo l'omissione di un apostrofo, che potrebbe indicare l'impazienza di chi scrive un messaggio, ma la mancanza delle doppie o, peggio ancora, delle acca.

In questi giorni mi è tornata in mente l'allegoria dell'arca di Noè e l'interpretazione che ne dà Igor Sibaldi, un autore che amo particolarmente.

Secondo Sibaldi arca in ebraico antico sarebbe tebah, cioè parola. Dio ha invitato Noè a costruire una parola nuova, un nuovo linguaggio, per sfuggire al diluvio. 

Come spiega bene la linguista Vera Gheno, la lingua descrive la realtà e il modo in cui noi la percepiamo. Senza scomodare i complotti o le teorie catastrofiste, è piuttosto evidente che in questo momento ci stiano venendo a mancare dei reali punti di riferimento. 

Sono in tanti ad avere la sensazione crescente che il terreno sotto i piedi stia vacillando da un po' e che le parole di rassicurazione che pronunciano sempre più media riguardo al futuro siano poco convincenti. 

Questa confusione non ha concesso sconti nemmeno alla comunicazione nel marketing. C'è chi ha intrapreso la strada del neuromarketing, chi si è buttato a capofitto nello studio del cervello umano, delle tecniche di persuasione con tale foga che mi ha coinvolto e appassionato, per un po'. Non mi ha convinta del tutto, però.

Può sembrare strano, ma mai come adesso ritengo sia utile imparare a comunicare con creatività e personalità. Se penso al neuromarketing mi vengono in mente le frasi confezionate, tecnicamente perfette, che possono promuovere una famosa catena straniera. Una comunicazione impeccabile forse, ma priva di anima, un po' come i negozi e le sue vetrine della suddetta catena.

Per quanto accattivanti siano questi enormi magazzini stracolmi di prodotti di ogni genere, la bellezza del nostro paese è racchiusa nelle piccole botteghe, in quei prodotti artigianali, imperfetti e originali, nella personalità del proprietario. 

La comunicazione del futuro dovrebbe incarnare proprio questo, forse l'unica vera arma a nostra disposizione per poter tenere testa ai grandi colossi d'oltreoceano, efficienti e impersonali.

 A questo proposito, ci viene incontro la nostra amata lingua italiana, una lingua piena zeppa di figure retoriche, di proverbi, espressioni dialettali e modi di dire.

Tornando al racconto di Noè e della sua arca, ecco che allora assume tutto un altro significato. Di fronte a un vecchio mondo che sta per crollare, Dio ha incoraggiato il patriarca biblico a crearne uno nuovo, partendo dal linguaggio. Noè ha dovuto trovare nuove parole che avessero un significato per lui e servissero per costruire una nuova realtà.

E se il vecchio mondo fosse fatto di quel linguaggio freddo, di grandi catene straniere, prodotti e servizi privi di anima e personalità?