Conoscere il proprio angelo per capire chi siamo
Tempo fa ho letto in un libro di un saluto che si scambiano gli abitanti di una tribù africana che trovo sia bellissimo. Quando s’incontrano, si dicono: “ti vedo”.
Credo sia una frase talmente profonda, di quelle che puoi trovare nei luoghi ancora incontaminati, fra persone che conservano integra la propria natura spirituale.
Ti vedo. Ti i riconosco per ciò che sei. E ti voglio bene per questo. Non ho bisogno di cambiarti, sei perfetto, sei perfetta proprio come sei ora.
Trovo che sia l’espressione di amore più grande che si possa rivolgere a qualcuno, che sia un figlio, una sorella o il compagno.
Vedo le tue fragilità, la tua urgenza di arrivare là, di fare la differenza. Le tue paure. E mentre le vedo, le sto riconoscendo.
Del resto, non è quello che cerchiamo da quando siamo al mondo? Di essere riconosciuti, prima dai genitori, poi dagli amici e dalle persone che amiamo.
Quasi sempre, però, le nostre aspettative, i bisogni, i pregiudizi, i timori e le diversità s’intromettono fra noi e l’altro.
E se la persona di fronte non collima esattamente con l’idea che ne abbiamo, allora cerchiamo di cambiarne un aspetto o quell’altro, persuaderla a mutare un atteggiamento come prova del suo amore.
Guai a non farlo, perché scatterebbero in lui o in lei i sensi di colpa e di inadeguatezza, una forma di manipolazione tanto infida quanto pericolosa.
Certe volte occorrerebbe un libretto di istruzioni per capire le ragioni dell’altro, le scelte che fa e le espressioni che usa, è vero. Tanto diverse dalle nostre da sembrarci incomprensibili.
Anziché ricorrere a una scorciatoia e provare a cambiarlo, facendolo sentire inadeguato, dovremmo fare un passo verso di lui. Lasciare per un momento i nostri panni e provare a indossare i suoi.
Così facendo, entriamo in sintonia con lui e non abbiamo più bisogno di tanti discorsi per capirlo; ci basta ascoltare le intuizioni che arrivano in maniera spontanea.
Quando ho iniziato a lavorare con i bambini affetti da un disturbo autistico, la prima cosa che ho imparato a fare è stato costruire un ponte che mi collegasse a loro.
Se volevo portare il piccolo nel mio “mondo” e fare la terapia, dovevo prima di tutto entrare io nel suo. Riconoscerlo.
Spesso questi bimbi trascorrono gran parte del loro tempo facendo qualcosa che per noi indecifrabile, come dei movimenti stereotipati.
Io dovevo avvicinarmi e imitarlo, fare quello che faceva lui, mettendo da parte il giudizio e la fretta.
Quando mi accorgevo di aver stabilito un contatto, seppure tenue, potevo accompagnarlo nel posto in cui facevamo terapia. Accadeva che una volta su due lui mi seguisse spontaneamente.
L’angelologia egizia ed ebraica di Igor Sibaldi
Secondo il filologo Sibaldi l’angelologia è “un metodo di analisi della personalità. Se impariamo a capire un angelo, scopriamo e capiamo i talenti e le debolezze della persona che è nata nei giorni di quell’angelo”.
Conoscere il proprio angelo e gli angeli degli altri è un aiuto prezioso per orientarci quando siamo confusi, quando non troviamo la nostra strada o non capiamo la persona vicina.
Per Sibaldi gli angeli sono delle linee evolutive che possiamo scegliere di percorrere se vogliamo evolverci.
C’è chi entra in sintonia inconsciamente con il proprio angelo e chi come me, che sono nata lo stesso giorno di Enrico Ruggeri, fatica di più, si trova ad affrontare diversi grattacapi prima di mettersi in riga.
Nel web si trova facilmente la lista dei 72 angeli e la spiegazione che ne dà lo studioso. Basta digitare il giorno e il mese della propria nascita, seguita dalle parole angeli e Sibaldi e compare il blog “Angeli e noi”.
Se poi si vuole approfondire, c’è sempre il bellissimo libro sugli angeli scritto da Sibaldi diversi anni.
Mi sono resa conto nel tempo che conoscere l’angelo di qualcuno è il modo più profondo per capirlo, per sostenerlo nel suo percorso, diventare complice della sua crescita e della sua realizzazione. Ed è una guida preziosa per orientarsi nella propria vita, quando si è bloccati o ci si sente persi.