Le tue parole creano il tuo mondo
Le parole hanno un potere ambivalente.
Se da un lato ci illudono di poter tenere sotto controllo un mondo altrimenti caotico, dall’altro lato lo semplificano e lo limitano in modo irreale.
Esiste un accordo tacito fra le persone secondo il quale è reale solo quello che possono vedere. E, come ho più volte scritto, noi vediamo solo quello a cui abbiamo dato un nome.
È un addestramento che comincia fin da subito, intorno agli 8-10 mei quando il bambino inizia a indicare le cose. E l’adulto gli risponde pronunciando la parola più adatta.
Albero, cane, bicicletta.
Poco importa se il bimbo era stato attratto da qualcos’altro, magari impercettibile agli occhi dell’adulto.
L’addestramento al mondo può sembrare quasi impositivo, ma è necessario affinché il piccolo cresca “bene” e diventi un adulto normale e integrato nella società.
L’illusione, però, è credere di poter affrontare una vita intera senza intralci, contando solo sulle parole che usiamo.
Se poi consideriamo che siamo italiani e che ci affidiamo alla lingua italiana, le cose si complicano.
L’inglese ha più di un milione di vocaboli. Il cinese ne ha 500.000, mentre la lingua italiana ha 300.000 parole.
Se il mondo che vediamo è quello che possiamo definire con le parole, allora un inglese vive in una realtà molto più sofisticata della nostra.
Considerato che di quelle 300.000 parole ne conosciamo e ne pronunciamo una piccola parte, la nostra realtà diventa ancora più piccola e povera.
Per fortuna, non è proprio così.
Noi conosciamo più realtà di quella che vediamo e che nominiamo.
Ecco, perché la musica piace così tanto.
La musica, così come la danza o la pittura, è un linguaggio che non usa le parole e fa esistere cose che le parole non riescono a fare esistere, perché limitate.
Tutta l’arte ha questo potere.
La parola “arte” contiene la radice ar che in sanscrito vuol dire andare verso.
L’artista ti porta verso un luogo che conosce lui, ma che non riesce a descrivere a parole.
Il musicista che compone una canzone sull’amore può fare esistere quello che lui sta scoprendo dell’amore, ma che non è in grado di dire a parole.
Se un bicchiere è oggettivamente un bicchiere e non ci piove, concetti astratti sono più complicati da circoscrivere in una parola.
La frase “ti amo” può davvero esaurire il sentimento dell’amore? Descrive bene quello che una persona prova quando ama?
“Dolore” è un termine così generico che ha bisogno di altre parole, come “fisico” o “emotivo” per diventare un po’ più preciso.
Nemmeno “sofferenza” rende giustizia al sentimento che si prova quando si soffre.
La parola “tempo” non riesce a raccontarci a fondo cosa sia veramente il tempo.
Per noi è un concetto lineare, lo associamo a una linea retta in cui c’è passato, presente e futuro.
Ma è un visione tutta nostra, occidentale.
Come racconta il filologo Sibaldi, tempo in ebraico vuol dire “canto”, musica. Come se il tempo fosse un’emanazione, un prolungamento di te.
Per gli ebrei il tempo è circolare e non lineare.
Una visione che spalanca nuovi orizzonti e che libera in un attimo dall’immagine rigida di quella retta dove possiamo idealmente spostarci solo avanti e dietro.
Il tuo mondo è fatto delle parole che usi
Dal dialogo interiore alle parole che pronunci agli altri, la tua realtà prende via via la forma che tu, inconsciamente, gli dai.
Se parli spesso di lotte, guerre e nemici, la tua realtà diventerà gradualmente un campo di battaglia dove vivere sempre sulla difensiva, pronto a rispondere agli attacchi dei rivali.
E stai pur certo che i nemici arriveranno, se te li aspetti.
Le parole sono come dei mattoni che costruiscono il mondo in cui vivi.
Se usi sempre le stesse parole, la tua realtà non può cambiare.
Come fare allora?
Il primo passo è cominciare a cambiare le parole che usi, sia con te stesso, nel tuo dialogo interiore, sia con gli altri.
Un cambiamento che richiede attenzione e impegno, perché l’abitudine porta a usare sempre lo stesso linguaggio.
Se i confini della tua realtà fisica sono le parole che usi, allora puoi superarli, rinunciando alle parole stesse.
E cominciando a usare l’immaginazione.
Una parola fin troppo bistrattata che viene spesso associata al fantasticare puerile.
L’immaginazione è una facoltà mentale che ci consente di dare forma a un’immagine complessa.
Possiamo immaginare il carattere di una persona, un evento futuro, la soluzione a un problema.
Coltivare quell’immagine abbastanza a lungo, giorno dopo giorno, può dare forma a una nuova realtà.
Sentirla profondamente può prendere il posto delle parole che usi durante il giorno.
La difficoltà sta nel fidarsi, nel credere che un’attività mentale abbia il potere di influire sulla realtà esterna.
Voglio concludere con le parole che il campione olimpico Novak Djokovic ha voluto dire in un’intervista recente:
"Una cosa è certa. Sento di avere il potere di creare il mio destino. Io cerco di visualizzare ogni singola cosa della mia vita. Non solo crederci, ma sentirlo davvero con ogni cellula del mio corpo e voglio solo mandare un messaggio a ogni persona giovane là fuori. Sii nel momento presente. Dimentica quello che è successo.in passato. Il futuro è qualcosa che sta per accadere, ma se vuoi un futuro migliore, lo crei tu. Prendi i mezzi nelle tue mani, credici e crealo”.