Il potere delle parole o il diluvio universale

 

Ci sono alcune parole che mi fanno da bussola in questo periodo particolare. Ho già scritto a tal proposito, perché è un argomento che sento molto vicino.

Ho scritto del momento attuale, di Sibaldi e dell’Arca di Noè e del diluvio che si sta abbattendo sulla nostra civiltà, portando via i vecchi riferimenti.

Una di queste parole, a me care, è PERCHÈ nel senso stretto che gli conferisce l’autore Simon Sinek. Il perché è la ragione per cui ti alzi al mattino e fai quello che fai, nonostante gli innumerevoli ostacoli in cui t’imbatterai.

È il motivo per cui apri la serranda ogni giorno, anche se la sera prima hai incassato poco. È la spinta propulsiva che ti manda avanti, ma affinché funzioni davvero e non si attenui alla prima difficoltà, dovrà essere un perché autentico e profondo, che vada oltre il guadagno del mese.

Mai come adesso si decanta il potere delle parole e del linguaggio per trasformare la nostra vita e la realtà intorno. Finché, però, si resta imprigionati all’interno degli orizzonti visibili, si può fare ben poco, ahimé. Diventa pura illusione.

Pensare di contrapporsi a ciò che esiste già e che ha maturato un certo potere in questa realtà, vuol dire disperdere tempo ed energia. specie in questo momento particolare. Perché dico “in questo momento particolare”?

Perché credo davvero nelle parole del filologo Sibaldi quando sostiene che stiamo attraversando il crollo della nostra civiltà. Tenersi aggrappati alle convinzioni presenti e agli stili di vita attuali vuol dire rischiare grosso.

Altrettanto rischioso, però, è opporsi alla società in declino, cercando uno scontro diretto. Il pericolo che si corre, giocando alle sue regole e con le sue armi, è quello di soccombere miseramente.

E qui entra in gioco un’altra parola a me cara: CORAGGIO. Un vocabolo che amo tanto e che, al contrario di quel che si creda, ha ben poco a che fare con l’aggressività e con lo scontro e molto con il cuore. L’etimologia di questa parola è legata al cuore, all’agire usando il cuore.

Mi viene in mente un altro autore per me rivoluzionario: Carlos Castaneda. E alla domanda che lui suggerisce di porsi, prima di percorrere una nuova via: “questa strada ha un cuore?”. Se ce l’ha, se la tua intuizione ti suggerisce di sì, allora è la strada giusta.

Se, invece, è la ragione a incoraggiarti a percorrerla, la mente razionale e le sue mille elucubrazioni che spaccia per verità profonde, allora sarebbe il caso di fermarsi. E di guardare altrove.

In questo periodo è d’aiuto diventare dei VISIONARI. Ecco un’altra parola importante, se accolta nell’accezione più spirituale possibile. Bisogna diventare dei visionari che riescono a vedere oltre gli orizzonti fisici e visibili a tutti.

E cogliere una realtà nuova, che non ha ancora forme delineate, per cui non è condivisibile nell’immediato e che risponde a regole diverse. Certo, occorre coraggio, per diventare dei visionari. Perché in pochi potranno intuire, almeno all’inizio, il valore di quel che dici.

Si devono scordare i grandi numeri e i consensi unanimi. Quelli sono appannaggio di chi si muove all’interno del sistema vigente. Ma quei pochi capaci d’INTENDERTI, e non comprenderti, saranno molto più incisivi.

Come fare a scorgere le strade del cuore? Chiudendo gli occhi e usando l’IMMAGINAZIONE: l’ultima parola che voglio nominare, la cui origine può essere ricondotta al termine latino “imago” che vuol dire non solo immagine, idea, ma anche spettro. sogno, visione e apparizione.

Ecco, la vera rivoluzione che per me va invocata ora. Non è diventare antagonisti di ciò che esiste già e che non ci piace, ma creare qualcosa di nuovo, talmente rivoluzionario e originale da non rispondere alle regole attuali e non ancora condivisibile con tanti, ma con “chi ha orecchie per intendere!.

Così facendo, le regole le detti tu e anche il corso degli eventi e non sei inevitabilmente legato all’andamento della civiltà. Si dovrebbe trovare il coraggio di fare un salto nell’ignoto, in uno spazio sconosciuto in cui non valgono più le convinzioni correnti, per creare qualcosa di davvero nuovo e intuitivo.

Si dovrebbe avere il coraggio di mettere in discussione quel che è noto e, con la curiosità di un bambino, provare a esplorare orizzonti ancora inesplorati.

Penso a quando studiavo psicologia e non così soddisfatta del mio libro di storia della psicologia, in cui si relegavano studiosi come Mesmer e il suo magnetismo, Assagioli o Jung, a semplici accenni di poche righe, per fare spazio a un Freud o a un James, ho cominciato a percorrere una strada tutta mia, non imposta dall’alto.

Ecco, allora, l’unica domanda che valga la pena porsi, quando si intraprende una strada nuova: questa via ha un cuore?