Di chiacchiere fra amiche, parole e terre gravide

 

Stasera ho rivisto A., la mia più cara amica, dopo parecchio che non ci sentivamo.

“Dove stai ora?”. Cominciano sempre così i nostri messaggi, perché abbiamo perso il conto degli spostamenti. E sorridiamo, scoprendo che mentre una si è avvicinata al mare, l’altra si è trasferita in collina.

Mi ha chiesto d’incontrarci e ho capito al volo il motivo. Quando A. mi chiama, significa che la sua realtà è diventata così asfissiante da cominciare a mancarle l’aria.

È un nostro tacito accordo da quando siamo adolescenti: esserci l’una per l’altra nei momenti più opprimenti, senza fare troppe domande.

Basta il cenno di una che l’altra accorre con un serbatoio carico di ossigeno. Un ossigeno speciale, fatto di esperienze condivise, di ricordi tutti nostri, maturati duranti i tanti anni di amicizia.

Stasera A. aveva bisogno delle nostre chiacchierate.

Una piccola sorsata di birra fresca e in un secondo è sparito quell’inutile imbarazzo di chi non sa che dirsi dopo tanto tempo.

Comincia ad accennarmi perché le manca l’aria, senza andare mai in profondità, per via della sua enorme riservatezza.

Ma la conosco così bene che mi bastano pochi indizi per capirla.

E poi, passa al passato, come ogni volta.

Io non amo mai tornare indietro nel tempo, ma con A. faccio volentieri uno strappo alla regola.

I ricordi diventano un’occasione per capire dove sto ora rispetto alla ragazzina che ero.

I nostri racconti iniziano e finiscono sempre nello stesso modo, come una vecchia pellicola consumata in cui scorrono i soliti fotogrammi.

Dal mio teatro alla sua montagna, dal periodo gotico alle diverse esperienze di lavoro e al trasloco a Londra.

In trent’anni di vita condivisa insieme, dalle scuole superiori a oggi, abbiamo cambiato pelle più e più volte.

Da sempre l’una testimone oculare della vita dell’altra.

Solo che col tempo, mentre A. trae ancora beneficio da queste regolari incursioni nel passato, io comincio a provare una sensazione diversa.

E stasera, dopo averla salutata ed essere tornata a casa, penso a come tutto cambi a seconda del punto di vista. Alla sua perenne nostalgia e a un mio insolito e intimo sollievo.

L’ irrequietezza di quando eravamo più giovani era mossa da un senso di vuoto, dal timore di costruire fondamenta solide e da un bisogno impellente di cercare nuovi stimoli.

Rispetto a un tempo, però, ora le mie giornate sono gravide, non più vuote.

Sono giorni che promettono un futuro ricco e in questo momento non vorrei essere altrove. Preferisco restare qui e assaporare l’attesa.

Come tutto cambia a seconda del punto di vista

Anche le parole possono essere gravide, pregne di un futuro nuovo. Sono parole pronunciate da chi adesso non ha paura di ampliare il proprio campo visivo.

Gran parte delle persone che ci circondano sono aggrappate a parole sterili, svuotate di significato e di promesse future, perché danno loro la certezza che tutto resterà uguale.

Accontentarsi ora delle parole che usa la maggior parte della gente è limitante.

Se si vuole demolire la realtà che ci circonda e che non ci piace, dovremmo imparare a usare le parole gravide. Parole che preannunciano un futuro ancora sconosciuto, ma pieno di possibilità.

Come detto più volte, le parole non sono soltanto lo strumento che usiamo per percepire la realtà, ma ci permettono anche di cambiarla.

Le parole sterili impoveriscono la nostra mente e rendono più difficile capire la realtà in cui viviamo.

Per questa ragione, chi le usa finisce col rinunciare a prendere decisioni proprie, col rinunciare a prendere il controllo della vita in mano e sceglie di delegarlo ad altri.

Cosa ben più grave, sceglie di accontentarsi di quel che vede. Di non farsi più domande per approfondire.

Sono tante le parole sterili che circolano adesso nei social, in televisione, sui giornali. Patriarcato, green, inclusione. Vocaboli che ci siamo abituati a sentire, senza realmente capire cosa significhino.

Una fra queste parole sterili molto in voga adesso è “cambiamento climatico”. Un termine di cui capiamo ben poco, ma che diamo per assodato.

Le parole sterili restringono pericolosamente il nostro campo visivo. E anche questa espressione non è da meno. Siamo talmente abituati a vivere nello spaesamento e nell’allarmismo che ci sembra l’unica realtà possibile.

La terra non è malata, ma gravida. Lo spiega da alcuni anni la studiosa di fisica, Giuliana Conforto, aihmè poco conosciuta.

Ma se abbiamo capito come le parole sterili restringono il campo visivo ed escludano ai più molte verità, non c’è da stupirsi che le parole della scienziata siano passate inascoltate a gran parte della gente.

La terra, proprio come alcune parole preziose, è gravida. Al suo interno si sta formando un’altra terra composta di plasma e non di atomi, invisibile ai nostri occhi ma fotografata dalla NASA e che ha la forma di un embrione, di un grande bambino.

Ben lontano dal concetto di impoverimento e di pericolo a cui ci stanno abituando da tempo.

La terra non è malata, ma sta cambiando. La magnetosfera terrestre si sta invertendo. Polo nord e polo sud stanno invertendo la loro direzione.

A seconda del punto di vista che scegliamo di adottare, se quello della crisi o quello della rinascita, potremmo interpretare gli eventi in maniera del tutto diversa.

Per poter scegliere, però, dobbiamo prima imparare a selezionare le parole che accettiamo, decidere se accontentarci di quelle sterili o se cercarne di nuove e più autentiche.

 
Virna Cipriani