Come raccontare storie che coinvolgano davvero il lettore

 

Come ogni anno, in estate lavoro, ma non mi dispiace affatto.

Amo la tranquillità che si respira in questo periodo dell’anno. Il ritmo è più lento, le strade si spopolano, le commesse dei negozi sono rilassate e ti sorridono di più.

Devo ammettere, andare anche solo al supermercato diventa una scusa per prendermi una pausa, di tanto in tanto. E anche stavolta ne approfitto.

Parcheggio davanti al negozio accanto a una coppia di mezza età straniera che parla in maniera esagitata.

Scendo dalla mia macchina e faccio per afferrare una borsa della spesa, quando mi accorgo, con la coda dell’occhio, che la donna accenna un gesto dalla mia parte.

Con fare ritroso, l’uomo si avvicina a me e mi sorride timidamente. Mi racconta di avere l’auto in panne, che vorrebbe provare a metterla in moto, se solo avesse una seconda chiave di accensione.

Si guarda attorno nel grande parcheggio del supermercato in cerca di un’auto uguale alla sua. Poi, guarda la mia auto e infine me.

Confusa, do un’occhiata alla mia macchina, poi alla sua e infine a lui.

Abbiamo le auto uguali. Stessa marca, stesso modello. Perfino stesso colore.

Sua moglie fa un cenno di approvazione e attacca a sbraitare nella sua lingua.

Poco convinta, gli offro la mia chiave. Lui prova ad accendere la sua auto, ma come c’era da immaginarsi, non accade nulla.

Allora mi domanda se conosco un posto dove trovare una batteria.

MI viene in mente un negozio più distante dove di certo avrebbe trovato la batteria della nostra auto a un prezzo abbordabile. Poi, mi offro di accompagnarlo.

Mi ringrazia e mi chiede, invece, se posso dargli un passaggio fino a casa sua, per prendere la bicicletta e raggiungere il negozio da solo, senza causarmi altri disturbi.

Sale in auto con me e lasciamo la moglie a dimenarsi e parlare da sola, mentre fa la guardia alla sua auto.

Durante il tragitto fino a casa sua, l'uomo mi racconta di essere indiano. Mi parla della sua famiglia, del suo lavoro qui in Italia. Poi mi informa fiero della sua casa, del mutuo che ha acceso per pagarla.

Mi chiede se io sono in affitto o se ho casa mia. E mi suggerisce, con un certo coinvolgimento, di comprare casa e non buttare più via i miei soldi in un affitto.

Arriviamo a casa sua, in un quartiere pieno di verde che io non conoscevo. Lui nota con orgoglio la mia sorpresa di ritrovarmi in un posto del genere, non lontano dalla strada principale.

Punta il dito verso il suo balcone e accoglie con piacere i complimenti che gli rivolgo Poi, mi saluta e si dirige in garage a prendere la bici.

Sono un po’ dispiaciuta all’idea di lasciarlo là, consapevole della strada che dovrà fare in bici, ma so di non dover insistere. Perciò, mi rimetto in moto.

Lungo la strada ripenso al suo racconto.

Mi piacciono le storie. Di qualsiasi genere siano. Mi appassionerei perfino al teorema di Pitagora, se me lo raccontassero sotto forma di storia.

3 piccoli trucchi per raccontare storie che coinvolgano il lettore

Quando il lettore legge un testo, comincia a immaginare mentalmente quel che legge.

Se quel contenuto parla di una sedia dalla gamba spezzata, il cervello di chi legge comincerà a visualizzare nella sua mente una sedia con la gamba spezzata.

Funziona sempre così, Il lettore costruisce dentro di sé il mondo immaginato dall’autore ed espresso attraverso le sue parole.

Ecco perché la grammatica ha un ruolo molto importante nello storytelling. Come un regista, deve scegliere cosa raccontare e in quale ordine farlo, con quali pause e ritmo.

Come ha dimostrato lo studioso B. Bergen attraverso i suoi interessantissimi studi, il lettore comincia a dare forma alle parole fin dal primo istante in cui legge.

Va da sé che l’autore dovrebbe studiare con cura l’ordine delle parole e non buttarle a caso in maniera caotica.

Scrivere: “Sara ha regalato un cucciolo di cane a suo papà” ha un effetto più incisivo nella mente del lettore rispetto alla frase:” Sara ha regalato a suo papà un cucciolo di cane”.

L’ordine di immagini che vedrà mentalmente il lettore (Sara, il cucciolo di cane e il papà) è più realistica, è quel che accadrebbe nella realtà. Noi vedremmo Sara con il cucciolo in braccio, mentre va verso il padre.

Nella sua mente il lettore vive i vari passaggi della scena scritta nell’esatto ordine in cui l’autore la racconta.

Quando si scrive in modo automatico e caotico, il lettore avrà solo tanta confusione in testa e faticherà a seguire il filo del discorso.

Un altro piccolo trucco, per imparare a scrivere storie che coinvolgano il lettore, è prediligere la forma attiva dei verbi.

“Marco baciò sua mamma” non è soltanto più scorrevole e immediato da leggere, rispetto a:”la mamma fu baciata da Marco”, ma anche più efficace.

Nel mondo reale, se stessimo osservando questa scena, saremmo più incuriositi dal movimento di Marco per vedere cosa ha in mente di fare.

Non ci interesserebbe poi tanto stare a osservare la madre ferma, in attesa di chissà cosa.

È l’azione che attira l’attenzione, sia nelle realtà, sia nell’immaginazione, e per esprimerla al meglio con le parole, si dovrebbe scegliere quasi sempre il verbo attivo.

La precisione dei dettagli gioca un ruolo essenziale in uno storytelling coinvolgente.

Se l’autore vuole che chi legge dia una forma mentale il più corretta possibile al suo mondo narrativo, sarà necessario descrivere quel mondo in maniera accurata.

Qui entra in gioco la tecnica narrativa “show, don’t tell” usata soprattutto fra gli scrittori di romanzi, ma che, se utilizzata con maestria, diventa davvero utile anche nei testi online e nello storytelling.

Se il lettore è affamato di immagini che gli permettano di ricostruire mentalmente il mondo narrativo dell‘autore, ritrovarsi parole come “terribile”, “bellissimo” o “ terrificante” non è di grande aiuto.

Sono parole astratte e poco evocative, non capaci di stimolare immagini mentali ed emozioni.

Chi scrive dovrebbe essere così abile a non limitarsi pigramente a dire ”era disgustoso”. Dovrebbe scendere nel dettaglio, raccontare con precisione la situazione e portare il lettore a provare intimamente e spontaneamente la sensazione disgusto.

 
Virna Cipriani