La cassa automatica del supermercato o come umanizzare il tuo brand

 

Il mio supermercato di fiducia è al passo coi tempi. Ormai si trova solo una cassa aperta con una commessa disponibile e ben quattro casse automatiche dove si riversa gran parte dei clienti.

L’altro giorno, con le mani strette sul mio carrello stracolmo di prodotti, mi sono diretta determinata all’unica cassa automatica libera, proprio a fianco di un’altra occupata da un signore molto anziano.

Riconosco di essere ancora impacciata di fronte alle macchine e di trovarmi piuttosto a disagio nell’interagire con loro. Noto, invece, con stupore che molti signori più attempati di me hanno già preso confidenza con la nuova tecnologia.

Determinata a fare il mio dovere, come una rotella obbediente all’interno di un ingranaggio perfetto, sottopongo diligentemente i codici a barra di ogni alimento alla mia cassa parlante. Mi accorgo, però, di procedere con scoraggiante lentezza e un’evidente goffaggine.

E di non riuscire a seguire il ritmo generale scandito da regolari bip, 1 euro e 50 centesimi, bip 2 euro, bip 70 centesimi, rimuovere gli articoli, bip, bip, bip, rimuovere gli articoli.

Butto l’occhio verso il signore accanto a me e lo vedo muoversi con molta più agilità a suon di bip. Sicuro di sé, il bastone da passeggio ben saldo tra le rotule mentre con le mani si dimena tra il carrello, i prodotti e la cassa.

Lui mi ricambia lo sguardo con una sorta di ghigno, quasi a voler dire beffardo: ”Dilettante!” e orgoglioso continua la sua conversazione animata con la cassa parlante.

Dopo alcuni minuti mi rendo conto che i rumori di sottofondo del negozio, il chiacchierio sommesso delle persone, i vari bip 3 euro e 20 centesimi, bip 2 euro e 10 centesimi, bip, rimuovere gli arti, bip 4 euro, bip mi fanno cadere in una strana trance.

E che se spengo il cervello, seguo il ritmo e mi lascio trasportare dal flusso, le mani si muovono da sole, proprio come quelle del signore anziano accanto a me.

Tutto perfetto finché una macchina alle mie spalle non prorompe con un attendere la commessa, prego. Una frase inaspettata che spezza l’armonia generale e ci spinge a fermarci per cercare, seccati, il colpevole di quell’impaccio.

Ho scoperto poi che le casse automatiche, per quanto precise siano, hanno bisogno dell’intervento di una commessa qualora si acquisti un giornale o si paghi una certa somma con il bancomat.

L’importanza del tono di voce che umanizzi la tua azienda

Sull’intelligenza artificiale e il progresso tecnologico se ne parla parecchio, con un misto di leggerezza e incredulità. Come se fosse un fenomeno che ci riguarda, ma solo in parte, per esempio quando siamo al supermercato o se dobbiamo fare un bonifico in banca.

Mesi fa mi sono imbattuta in un articolo che trattava l’IA relativa al webwriting. SEOZoom, la famosa piattaforma di web marketing, ha lanciato il primo assistente editoriale automatico, in grado di creare testi di qualità che si posizionano nei primi posti su Google.

Con stupore realizzo che si si sta parlando del mio lavoro e di IA. Un certo software sarebbe in grado di scrivere testi online come quelli di un esperto copywriter, se non meglio. La tecnologia avanza velocemente e prima di quanto crediamo l’IA avrà conquistato territori inimmaginabili.

Non voglio affrontare il grande dilemma della coscienza: i robot acquisteranno mai la coscienza uguale a quella umana? M’interessa piuttosto osservare la direzione che sta prendendo la comunicazione online da diversi anni a questa parte.

Se un software può scrivere come un copy, senza che il lettore avverta la mancanza di creatività umana, c’è da farsi qualche domanda.

È vero che chi scrive online deve fare i conti con un algoritmo ogni giorno.

È altrettanto vero che l’urgenza di trovare soluzioni facili e standard a ogni problema, poche e miracolose soluzioni da adottare per raggiungere risultati strabilianti, ci ha portato a snaturare l’unicità dell’uomo e a renderlo più simile a una macchina.

Con la triste conseguenza che la creatività è stata incanalata verso una strada delimitata da regole rigide e tecnicismi ingombranti. Anche nella comunicazione.

Se seguirai questi semplici passi il potenziale cliente acquisterà il tuo prodotto. Cattura l’attenzione del lettore con questi piccoli trucchi. Rispondi alle obiezioni del compratore, usando queste parole. Non scrivere mai la parola “grazie” a inizio e-mail. Inserisci i numeri nei titoli per renderli più persuasivi. E via dicendo.

Il moltiplicarsi di libri che offrono la panacea a tutti i problemi di marketing e di discipline come il neuromarketing la dice lunga. Il rischio che si corre, però, è quello di trovarsi contenuti tutti uguali, idee brillanti che si riducono a tentativi di brand noiosi e anonimi, profili social di aziende e di professionisti sprovvisti di anima che passano inosservati.

Eppure, una soluzione c’è, a parer mio. Ed è quella di andare controcorrente. Recuperare una dimensione più autentica e personale, contraddistinta perfino da sbavature e qualche spigolo.

Laddove impazzano testi impersonali e uguali, voler distinguersi e umanizzare la propria attività attraverso il tono di voce è una scelta potente.

Certo, è più facile ricorrere a un linguaggio anonimo che accontenti tutti, piuttosto che decidere di esprimere una personalità evidente e autentica che possa non indispettire qualcuno.

Come accade in una festa tra tante persone. Se ci si espone, si rischia di non piacere a tutti. Chi sta sempre zitto, al contrario, e nascosto in un angolo, questo rischio non lo corre.

Ma a fine serata chi resterà più impresso? Chi vorrai invitare alla prossima festa?

Costruire un’identità verbale e adottare un linguaggio preciso è un passo che può farti emergere dalla folla. Per questo motivo è importante farlo con cura, senza farsi cogliere da troppa fretta. Non basta dire: “La mia attività vuole essere giovane e simpatica”.

Per esempio? Cosa ama e cosa detesta la tua azienda? Rispondere con cura a questa semplice domanda può aprirti un mondo ricco di informazioni interessanti.

 
Virna Cipriani