La vera rivoluzione delle parole o come creare mondi nuovi
C’è una leggenda che si racconta riguardo Cristoforo Colombo. Si narra che le tre caravelle, una volta arrivate vicine alla costa dell’America centrale, i nativi americani non riuscirono a vederle.
Quel che percepirono era un insolito incresparsi dell’acqua in alcuni punti ben precisi dell’oceano. Solo quando un anziano della tribù, probabilmente il capo spirituale, riuscì a intuirle e quindi a vederne la forma, le indicò agli altri e spiegò loro cosa fossero.
Si dice spesso che le parole creano la realtà, che solo dando un nome alle cose, le cose cominciano a esistere. C’è un’altra leggenda che mi piace molto, secondo cui gli eschimesi abbiano molte parole per indicare la “neve”. Un vocabolo per i fiocchi di neve nell’aria, un altro per la neve a terra, un altro ancora per definire i fiocchi che cadono a terra. E così facendo, vedono tante sfumature della neve che, al contrario, noi ci perdiamo, accontentandoci di un’unica parola.
Più parole hai, più la tua realtà è ricca. Più parole conosci, più affini i tuoi pensieri e ragionamenti. Questo è un fatto certo. Lo tocchiamo con mano adesso che i discorsi e le opinioni sembrano miseramente impoveriti e molte parole sono scomparse o distorte.
Io vorrei azzardare qualcosa in più. Le parole creano mondi. Mondi che prima sono immaginari e poi prendono una forma solida.
Non mi riferisco ai mondi letterari, ma a realtà che diventano via via sempre più concrete. C’è un libro a parer mio rivoluzionario che, invece, è passato piuttosto in sordina: “La scoperta del giardino della mente” di Jill Bolte Taylor.
Quel che sorprende di questo libro è il fatto che l’autrice sia una neuroanatomista e non una qualunque insegnante di yoga o meditazione.
Nel web si trovano dei video in cui la Taylor racconta la sua esperienza dell’ictus all’emisfero sinistro, proprio come nel testo. Durante la sua malattia, finché la parte sinistra del cervello è rimasta k.o., la scienziata americana era in grado di vedere solo energia vibrante. Le energie di persone e cose, ma nessuna forma.
Lo sa bene chi medita da anni e ha imparato a percepire l’energia come un fatto certo. Il nostro cervello non può percepire tutto quello che ci circonda, suoni, colori, odori e forme, ma solo una piccolissima percentuale. Non sarebbe possibile altrimenti.
Quello che non percepiamo però, non vuol dire che non esista.
Ma allora cosa percepiamo?
Tutto ciò che conosciamo, che ci aspettiamo di percepire e a cui abbiamo dato un nome.
Hai presente quando il bambino di pochi anni indica con l’indice qualcosa e il genitore gli risponde ”sì, quello è un cane” o “ quello è un albero” e via dicendo.
Ecco, è allora che si inizia a dare un nome alle cose.
Man mano che il bimbo impara nuovi nomi, cominciano a delinearsi intorno a lui i confini della sua realtà. Quello che ne rimarrà fuori, tutto ciò che l’adulto non saprà percepire e nominare, sparirà anche dalla realtà del piccolo.
Piano piano il suo mondo diventerà sempre più ristretto, rassicurante e condivisibile, perché simile a quello degli adulti vicini.
"Tu non sei bravo in matematica, proprio come tua madre" o "I soldi si guadagnano con fatica" o ancora "l'arte non ti dà soldi" e così via.
È il prezzo da pagare per appartenere a una comunità.
Ma se il mondo che abiti lo hai creato con le parole degli adulti che avevi accanto, puoi creare un mondo diverso, scegliendo parole diverse?
La tecnica dei 101 desideri di Igor Sibaldi e i mondi nuovi
Igor Sibaldi, secondo me uno fra i più rivoluzionari pensatori di questi anni, definisce i desideri delle precognizioni. Grazie a una tecnica antica e incredibilmente efficace, insegna a scrivere 101 desideri in un quaderno, secondo regole ben precise.
Una pratica che crea letteralmente dei mondi, da prima immaginari, poi reali.
Basta cominciare.
Io voglio un castello in Normandia… Io voglio che il mio ristorante sia traboccante di clienti… Io voglio un pesce rosso…
Ti accorgerai molto presto che scrivere 101 desideri è un’impresa ciclopica, per nulla banale. Scoprirai amaramente di non sapere cosa desideri davvero e di non avere così tanti desideri.
Di averli persi per strada, tra un dovere, un rimprovero e una responsabilità
Risvegliare gli organi dell’immaginazione e della felicità ti richiederà uno immane sforzo e tanta, tanta pazienza.
Poco importa. Si comincia con una manciata di desideri e si va avanti, giorno dopo giorno.
E, ogni sera si riprende in mano la lista per rileggere i desideri scritti. Così facendo, comincerai lentamente a metterli a fuoco, a investire dell’energia nelle parole e a rendere quel che hai scritto sempre più definito mentalmente.
Potresti accorgerti di non volerne più uno, di volerlo cancellare o di desiderare cose insospettabili, che mai avresti creduto ti interessassero.
Dopo un po’ di tempo, qualcosa di inspiegabile accadrà.
Arriverà come per magia un pesciolino rosso nella tua vita, regalato così per caso da un parente. Il tuo locale comincerà a riempirsi di gente. Scoprirai di un castello in Normandia che non costa dei milioni come pensavi tu.
È come se le parole scritte e pronunciate tutti i giorni, con costanza prendessero vita, come se fossero una torcia che punta dritto verso precisi oggetti, persone o eventi, che hai deciso tu, e che quegli oggetti, persone ed eventi cominciassero a svelarsi nella tua realtà fisica.
Si dice spesso che l’energia va dove va la nostra attenzione.
Io aggiungo: le parole sono come una torcia e dove la puntiamo cominciano a svelare cose nuove nella nostra realtà, mentre il nostro vecchio mondo, abituale e rassicurante, entra di conseguenza, in un cono d’ombra.
Ecco, perché ritengo le parole potenti e rivoluzionarie, perché capaci di mettere sottosopra i mondi raccontati da genitori, insegnanti, telegiornali e televisioni e di costruirne di nuovi.