Come scrivere messaggi online che coinvolgano i lettori

 

Si dice che ogni donna per celebrare un nuovo inizio cambi taglio di capelli.

Io cambio casa.

Dai 19 anni in poi ho traslocato molte volte.

Ogni casa ha rappresentato un periodo della mia vita diverso, tant’è che quando parlo del mio passato, mi ritrovo spesso a dire: “Il periodo di via tal dei tali”.

La mia vita, da un certo periodo in poi, è divisa in case.

A ogni trasloco mi sono liberata di qualcosa. Mi piaceva l’idea di fare spazio al nuovo.

Ho lasciato alle mie spalle molti oggetti, abitudini e qualche persona.

Ma non è un problema, a me piace comprare oggetti per la casa.

Attribuisco un valore affettivo a ogni cosa e quando chiudo un capitolo della mia vita, preferisco non avere sotto gli occhi qualcosa che mi tenga legata al passato.

Ricominciare da capo, in un luogo nuovo, con poche cose intorno per me vuol dire potermi reinventare da capo, cambiare.

In quei momenti, più è caotica la mia vita all’esterno e più mi rassicura vivere in un ambiente minimalista.

Le case in cui ho traslocato, all’inizio, sono sempre state piuttosto vuote per questa ragione. Poi, piano piano, le ho riempite con oggetti che mi assomigliassero, ho dipinto le pareti, aggiunto complementi d’arredo.

Nel tempo ho imparato a viaggiare leggera e a distaccarmi dalle cose.

C’è però un libro che ho perso fra un trasloco e l’altro e che ho rimpianto a lungo. Un libricino in cui mi sono imbattuta per caso tanti anni fa, rovistando in una bancarella di romanzi usati.

Per anni l’ho tenuto sopra il comodino del letto per poterlo sfogliare di tanto in tanto.

In genere, non amo sottolineare le frasi o scrivere ai margini; quel libro però l’ho consumato, ho sottolineato frasi, scritto note, fatto le orecchie alle pagine a mo’ di segnalibro.

Negli ultimi giorni mi è tornato in mente con insistenza e alla fine mi sono decisa a ricomprarlo online, ahimè sempre usato.

“Lasciami sola” di Marcelle Sauvageot è un piccolo gioiello.

Non è un romanzo, ma un commentaire, uno “scritto intimo” in cui, come spiega l’editore, una grande sincerità e una straordinaria lucidità sono fuse insieme.

L’autrice è una giovane donna di trent’anni affetta da tubercolosi. Ricoverata in un sanatorio, riceve una lettera dall’uomo che ama. Una lettera fredda, concisa in cui lui le comunica che presto avrebbe sposato un’altra donna.

Il libro è una risposta a quella lettera, uno sfogo liberatorio, un monologo in cui la donna affronta molti temi delicati, come l’amore, l’abbandono, la morte, la gelosia.

È un libro che mette a nudo l’animo delle donne quando amano. Un libricino che dovrebbero leggere tutti, sia le donne, sia gli uomini.

Mi ha commosso profondamente, perché avrei potuto scriverlo io, riga per riga.

Poi, per curiosità, sono andata a curiosare fra le recensioni delle lettrici e ho scoperto che ogni donna si è riconosciuta in quelle pagine.

“Scrivi più bianco” di Chiara Gandolfi

E, come accade spesso nella mia vita, specie negli ultimi tempi, le coincidenze mi colgono impreparata..

Do un’occhiata svogliata alle prime pagine del testo “Scrivi più bianco” di Chiara Gandolfi e m’imbatto subito in una metafora curiosa.

“Scrivere bianco”, spiega l’autrice, vuol dire scrivere una lettera d’amore.

Un messaggio, affinché sia scritto in maniera efficace, dovrebbe essere mosso da una consapevolezza e spinto dall’urgenza di comunicarlo e di entrare nella vita di qualcuno che per noi conta.

Un messaggio di successo, che sia accolto con entusiasmo e condiviso, dovrebbe coinvolgere o meravigliare o ancora dare un valore pratico.

Il coinvolgimento, la meraviglia e l’utilità sono le tre leve che spingono i lettori ad apprezzare e condividere quello che comunichiamo.

Non ci pensiamo mai abbastanza, ma nella condivisione online c’è un grande valore sociale.

Chi legge è felice di condividere un messaggio di suo interesse con gli altri, perché si riconosce, risuona in lui..

A quel punto lo racconta volentieri a tutti, perché quelle parole parlano di lui, lo definiscono e lo distinguono. E se poi lo fanno con una forma curata, tanto meglio.

Un po’ come il libro di Marcelle Saivageot, il lettore si rispecchia talmente tanto nel nostro messaggio, che avrebbe potuto scriverlo lui, se ne fosse stato in grado.

Non potendo sottolineare, scrivere note, fare le orecchie alle pagine e rileggerlo, lo condivide nella sua pagina online.

Per farlo, però, dovremmo avere chiaro in mente cosa vogliamo comunicare e le persone a cui vogliamo rivolgerci.

Quando comunichiamo nel web dovremmo mirare a questo: scrivere o dire qualcosa di così coinvolgente, e in cui i lettori possano riconoscersi, da stimolare in loro il desiderio di non volere perdere quelle parole, di volerle sottolineare, annotare, tenere a mente e di tanto in tanto rileggere..

La felicità? È una parola di commiserazione. Tu la personifichi, la identifichi, la definisci. Si può davvero parlare di lei come fai tu?

Quando un profumo piace, si cerca di tenerlo a mente, di ritrovarlo; non ci si lascia inebriare completamente per poterlo analizzare, per lasciare che ci impregni a poco a poco, finché basta il ricordo per averne una sensazione fisica. […] Una zaffata di profumo improvvisa fa girare la testa, ma lascia un’irritante sensazione di incompletezza, di incompiutezza. […] è un’ebbrezza violenta che svanisce troppo presto perché tocca solo i nostri sensi.

Felicità è essere travolti e non capire niente. Ma conservare un angolo recondito di coscienza che sia sempre vigile, che proprio per questo permetta anche alla parte intellettuale e razionale di noi di godere in ogni attimo del piacere che ci investe. […]

C’è un angolo recondito che non vibra, ma che rimane testimone del godimento. […] Certo che voglio perdere la testa, ma voglio cogliere il momento in cui la perdo. […].

Bisogna essere presenti alla propria felicità.

(Tratto da “Lasciami sola” di Marcelle Sauvageot)

 
Virna Cipriani